lunedì 4 aprile 2011

Milan Inter e vicende lì intorno

Ok, del Napoli abbiamo detto. Ma non è che il weekend thriller si esaurisse lì, scherziamo?
Sabato sera, per esempio. Sono lì che addento una lasagna e, nemmeno il tempo di fare complimenti alla crosta e apprezzamenti alla cuoca (e apprezzamenti sui miei complimenti), mi viene offerta una fetta di salame nostrano seguita da una coppa di budino, più in fretta di quanto io avessi potuto sbrigarmela con il primo boccone di ragù e besciamella. Involto come bacon in questo bailamme gastronomico, quasi mi strozzo quando capisco che la voce diffusa dalla tivù appena accesa, dall'altra parte della sala, è concitata perché il derby della Madunina non solo è iniziato ma si fa trovare già incanalato dal Papero con le piume verdeoro.

San Siro era già rossonero per via della casalinga volontà del calendario e aveva approfittato della superiorità numerica per insultare a voce stentorea quel traditore di Leonardo con tanto di scenografia invero nient'affatto memorabile. Ma tutto veniva fatto dimenticare proprio da uno di quei pupilli che il Leo aveva introdotto a Milanello dalla porta principale ma tenendolo sotto la propria ala poliglotta. Pato, uno a zero e il derby può iniziare.

Ma a quelli dell'Inter devono aver dimenticato di dirlo, perché ne passa prima che si sveglino. E sì che ce n'era eccome, per via delle settimane scorse e dell'incedere rimontante, di che aspettarsi i biscioni con la bava alla bocca. Ma lo spirito, parola tanto cara al Leonardo che stavolta non ha a che fare con Vinci, sembrava sostanza un po' dissipata tra le membra nerazzurre e questa condizione di rarità era destinata a non modificarsi nel corso dei 90 scatti di lancetta. Prova pressoché definitiva ne era il disastro che combinava Eto'o («Eto'oooo, Eto'oooo, si è mangiato un gol fatto, un gol fatto da un metrooo» recitano già i salmi sacri) soffocandosi in gola la gioia del pareggio.

In una simmetria dei segni cui nemmeno il sottoscritto osa credere, Abbiati raggiungeva lo stesso scopo – di evitare il pareggio, dico – con un miracolo che sorprende la retina lasciandola un po' incredula ma mai quanto sbigottito ne è rimasto il colpitore aereo Thiago Motta. Nella ripresa, poi, Pato compiva l'opera di decostruzione della rimonta cugina con mazzate assestate con tanta chirurgia quanta violenza.

La meraviglia del Papero smorza già le parole sotto i polpastrelli ancor prima di digitarle: velocità, felina eleganza del procedere, disinvoltura nei piedi ancor prima che nella testa e – affare che non guasta se di professione fai lo squarciatore di altrui reti prima ancora che ambizioni – una capacità aliena di fare gol e di farli pesanti.

Collateralmente, due opere d'arte si manifestavano.
Prima Robinho si produceva nel nient'affatto semplice esercizio di dilapidare una quantità di occasioni da gol che i matematici ancora stanno affannandosi a numerare, temendo di aver incontrato uno scoglio scientifico in grado di minare teorie millenarie; la visione si rivelava tanto stupefacente da far proferire al solitamente apatico Bergomi parole che, per uno come lui, sono quanto di più politicamente scorretto: anziché il solito e atteso: «Bravissimo Julio Cesar, Fabio» le nostre umili e piacevolmente esterrefatte orecchie l'hanno sentito esordire con: «Non segna mai, Fabio! Non segna mai!». Bei momenti.
Ma mai quanto vedere Cassano azzopparsi per procurarsi un penalty, poi mettersi la palla sotto l'ascella finché non fosse sicuro di essere il calciatore designato, metterci un sospiro a segnare il tre a zero finale ma, non contento di aver scritto il proprio nome una volta sul tabellino, prendere a calci Cordoba per un cartellino giallo. Sommato all'essersi tolto la maglia per esultare, in barba a ogni piacevolezza estetica, il barese sobrio quanto un clochard a Montmartre veniva espulso e salutava la compagnia in anticipo avendo giocato sì e no dieci minuti.

Per quello che ne so, sono successe un'altra sporta e mezza di cose in questa giornata. Marino e Cosmi venivano esonerati perché riuscivano – il primo – a inguaiare la classifica parmense perdendo in casa dal derelitto Bari e – il secondo – a giocarsi il derby con il Catania tenendo in panchina Pastore e Miccoli e buscando quattro pappine da restarci storditi. Vince il premio Calciari, comunque, lo Zamparini che richiamerà a Palermo il già reietto Delio Rossi.
Ah, non dimentico che la Juventus ha vinto all'Olimpico! Bella impresa, ma aspettiamo di capire se i bianconeri renderanno onore alla Signora continuando così oppure si ostineranno ancora e di nuovo a fare una figuraccia appena ne avranno l'occasione.
Buona notte e arrivederci.

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