giovedì 22 settembre 2011

l'autunno della serie A

Si era d'autunno in un tratto e come d'incanto, un salto di siepe, il calcio, da noia che era d'estate, passò a tramutare in sublime malìa, tessuto d'abbaglio, magia, magia. Me lo ricordo. Era la stagione '78/'79.

Quest'anno, invece, sia detto senza offesa per nessuno – tanto se non siete d'accordo vuol dire che non capite una beata di fòbal o che siete culès blaugrana, quel sorriso beato sul faccino non me la racconta giusta, e quindi non riuscite a non essere felici del mondo pallonaro tutto, in questo particolare frangente storico – quest'anno, si diceva, il calcio italico farà pena perfino ai messi alla gogna, ma tranquilli, solo fino a giugno.

Di veramente memorabile, pure 'sta giornata di mezza settimana, non ci regala poi granché. Se la ricorderanno giusto:
un figlio di Israele che deve aver sacrificato ovini come se piovesse, al suo Dio, se gli ci sono voluti 18secondi18 per spaccare la lastra all'incrocio dei pali dal cortile di casa sua, a Palermo;
e uno che di chi è figlio, nel dubbio, sarà il caso di non chiederlo agli interisti, ed è stato avvistato allontanarsi da Appiano Gentile con gli occhi gonfi – Nebuloni e gli altri cronachisti dicono di pianto, a me mi parevano schiaffoni – e non proseguirà oltre l'opera di affossamento della Beneamala-pazza-inter-amala. A tutti dispiace, in fondo in fondo, per com'è andata. Ma anche peggio potrebbe sempre fare Ranieri, quindi aspettiamo a disperare, hai visto mai ci si diverte ancora un po'?

Negli altri casi e campi, perlopiù, noia a sperpero. Innanzitutto per il Milan, che sarebbe Campione d'Italia ma sarebbe pure un'altra squadra, se giocassero gli infermi: tra i titolari di quest'ora ma un anno fa NON si reggono in piedi lo Svedese Zigano, il Papero in Berlusconi, Robinho va'comel'èbèl, Ambrosini&Gattuso (alzi la mano chi non sapeva già da prima che Ringhio aveva un problema nervoso), Boateng e Pirlo (no, questo no, questo fa il capitano di vascello altrove, ma che non si dica a Galliani che rinnovarlo, quel contratto, magari...). Poco, dite? Vi ho riconosciuto, sapete! Facile parlare, se le maglie son catalogne. Comunque, pare che El Sciaràui Stefano da Luxor non sia del tutto alieno alla cosa pallonara, almeno non quanto lo siano i suoi capelli dalla cosa estetica. E chissà che 'sta epidemia non regali almeno la gioia di un giovane spettacolo.

Il Napoli, bimbi belli, ha già vinto lo scudetto, no? Pure, vale ancora la regola di cui sopra: se in campo ci mandi chi di solito pulisce per terra, niente niente torni a casa col tabellino sporcato da quel tipo che, con il look del camionista che ha mangiato unto in trattoria, insiste nel presentarsi alle partite e pure a dare agli allenatori – impresa ammirevole – ragioni sufficienti per mettere punta uno a nome "Moscardelli". Chi è Mazzarri per intendere, almeno si limiti a non risponderci male.

Nell'attesa di vedere se Luis Enrique ci metterà meno tempo ad accorgersi che Osvaldo non è un attaccante di quanto ne ha impiegato Gasp ad ammettere con se stesso che Pazzini, invece, giocherebbe in qualunque 11, dalla mia Playstation alla finale di Champions, registriamo un pareggio Juventutis.

Il signor Gava di Arbitro ci aveva anche provato a fare un favore a Mirko, facendo finta sia di non vedere che Pirlo (sì, lo skipper di cui sopra) batteva e battezzava con palla in movimento sia di non aver alzato il fischietto a palesare al mondo un «fischio io» immediatamente ri-ingurgitato. Ma Vucinic insisteva parecchio, a furia di lagne e pestaggi toccava cacciarlo dall'erba rasata di fresco, come lo stadio, e il Bologna, per non saper né leggere né scrivere, il pareggio intanto lo inzuccava, poi si vedrà. La Signora si tiene un punto soltanto. E la testa della classe, con Genoa e Udine.

Lassù ci starebbe pure l'Atalanta di Denis la Peste in Carrarmato, ma lì attorno ballano altre vicende e, se proprio non resistete alla curiosità, preferirei faceste una telefonata a Doni, ecco.

mercoledì 21 settembre 2011

el niño! bella sòla!

Ok, ok... l'Inter è una mezza tragedia e tutto quanto... ma fidatevi, poteva andare peggio! Tipo? Guardate qua dove sono finite alcune decine di milioni di sterline...


giovedì 15 settembre 2011

Perdere la Treb...AHAHAH, no, non ce la faccio!

Momento momento momento! Fermi tutti! Trebisonda? Sul serio? No, dico: la squadra dalle righe verticali accoppiate – in spregio a qualunque stilista – in nero e blu, quella tanto ambiziosa da divenire comica per le sue disdette, non era sepolta sotto le vittorie mancinian-mourinhiane? Moratti non era divenuto il presidente trionfale, il viandante spendaccione ripagato di tutti i sacrifici?

Sarò io, ma ben mi ricordo quando, ogniqualvolta si osava immaginare una Débâcle ignominiosa e fantozziana, l'Inter andava anche oltre le aspettative appollaiate e consegnava i suoi tifosi al ludibrio milanista/juventino. Ma poi era venuta Calciopoli, poi gli Onesti, poi la Champions... tutto alle spalle. O no? Perché, davvero davvero, permettere al giornalista, che non credeva lecito sperare in tanta grazia, di titolare «L'Inter perde la Trebisonda» è cosetta che lascia senza fiato, per quanto assomiglia a una sceneggiatura tragicomica: tutto il resto – la Disputatio Gasperinis, la Roma che si farà il prossimo weekend a Milano, le tre sconfitte su tre uscite stagionali – passa in magari fosse secondo, magari fosse terzo, direi che passa all'attico.
Trebisonda! Ecco dov'era!

mercoledì 14 settembre 2011

torna la coppa orecchiuta, torniamo noi!

La Champions! Se conoscete un modo migliore per riappacificarvi con il pallone che vi strattona giù dalla sdraio, tornando a pretendere la poppata stagionale, vi pregherei di tenervelo comunque per voi.

La Coppa dei Campioni è un'altra cosa. Cos'è che lega un'appiccicosa serata nella provincia padana a una noche brava sulle Ramblas catalane? È il mercoledì martedì di Coppa, signora mia, ha letto il menu? Barça - Milan: trionfo di fenomeni in salsa tiqui-taca, su un letto di verdura Camp Nou. Il miglior piatto d'entrata di Chef Platini, siamo Chez Uefa, mica bruscoli.

«Chi si imbranda la figlia del Boss? Schiappe!»
Nemmeno il tempo per Nocerino di sbiancare di fronte alla platea dei Culès e alla vista di Xavi e Iniesta, che un tipetto che da papero si è trasformato in falco, con tanto di sguardo arrogante e petto gonfio, si teletrasporta in compagnia della biglia davanti a Valdes. Mentre questi e Busquets si chiedono spaesati dove siano rimasti quei trenta metri che Pato sembra non aver dovuto correre, il giovanotto che ha deciso, per non complicarsela, di farsela con il capo (del club) che è pure la figlia del Capo (del Paese), la soffia dentro e bòn, bimbi belli, il Milan è avanti a Barcellona.

Ora, tutte le fiumane di verbo e inchiostro delle settimane, che dico, dei mesi precedenti, su quanto il Barça sia la squadra più forte di sempre, sul progetto perfetto venuto da così lontano che Messi e compagnia cantante erano bimbi, sulla squadra imbattibile – concetto che prevede già l'intrigante caccia a chi sappia smentirlo –, potevano asciugarsi in quei 24 secondi serviti a una maglia bianca per fare uno? Dubitiamo. Più di noi, dubitano gli undici dipinti di blaugrana. E comincia la loro recita.

Passaggi, tocchi, ancora passaggi. E se vi sembra che la cosa sia pesante e viziata, perdonatemi, non sono qui per convincervi, ma restiamo due bestie diverse. Quella trama diventa ridondante senza mai perdere di leggerezza, di estasi, di tendenza all'altrove. E noi poveri mortali, che di questa cosa che chiamiamo Pallone per semplificarla cominciamo a pensare di non averci mai capito un'acca, non possiamo che ripetere, tipo mantra: «Non sbagliano una volta». E non sbagliano. Anzi, alzano il livello del gesto, come per dimostrarti che non conoscono il significato di difficile, lasciamo perdere quello di rischioso. Il Milan? Corre, lingua per terra, mangia la polvere, prima ci prova timidamente, poi recede da ogni belligeranza. In una parola: fatica.

Il primo tempo, se hai segnato dopo una manciata di istanti, sembra non dover finire mai. Deve aver pensato questo il povero Abate quando, sulla corda da una buona mezz'ora, non ha avuto la prontezza di spingere in corner il cuoio nell'unico tiepido attimo in cui la Pulce, indaffarata in uno Slalom Speciale tra Nesta e Van Bommel, gliel'avrebbe concesso. Impietoso, trascorso quel lampo di tempo, Lionello è riapparso in scena e ha recapitato uno "spingimi dentro" troppo erotico perché Pedrito si tirasse indietro. Pari all'intervallo.

Villa: la punizione. In ginocchio sui ceci.
Si ricomincia, tutto come prima, com'è come non è, fallo al limite, Villa riesce là dove Messi aveva solo scheggiato il palo. La palla si fionda nel sacco direttamente, fate 2-1 per i casalinghi. E il Milan, seppur sotto, continua a remare. Il Barça, seppur avanti, non arretra di un metro. Anzi, per la verità... ora che il terzo grido non si leva e manca solo un quarto d'ora, i ritmi pazzeschi, dionisiaci, furiosi del palleggio dei Guardiola's vanno un po' scemando. È una differenza impercettibile, sia chiaro, e non sufficiente perché agli altri sia consentito smontare le barricate e controffendere, ma tant'è.

Nella dimostrazione di superiorità del calcio blaugrana su quello italico e non, sono gli stessi dèi che rifiutano il castigliano a sfoggiare qualche striatura, che sembra già un'eresia chiamare difetto, sulla superficie della loro filosofia perfetta. La traccia simbolica di tale ineffabilità deve averla lasciata proprio Messi – quello del palo e dell'assist – a forza di picchiare sul prato: un'orma violenta, figlia della frustrazione per aver concesso a Nesta un recupero prodigioso dopo essersi procurato un'occasione che per Messi – e solo per lui – era un gol fatto. E così, anche per le divinità le regole universali del cosmo pallonaro sembrano valere, almeno in fugaci e intermittenti tratti: linee di forza che sfuggono al loro controllo per insegnare anche alla loro insolenza che, se non chiudi le partite, facile facile non le vinci nemmeno; linee che si concretizzano in un corner al novantaduesimo, nella schiena inarcata e superbamente immune alla gravità di Thiago, nella rete che si gonfia.

«Sono atterrato!!! Mi mancava l'aria...»
Due a testa. Sorpresa? Fortuna? Ingiustizia? Quello che vi pare, o fedeli, ad alcuni piace chiamarlo solo calcio, a me: Coppa dei Campioni. Conoscete un modo migliore per riappacificarvi con il pallone?