
Badate bene, o attenti affezionati, che già da qualche riga stiamo parlando di Edinson Cavani. Il nome di El Matador, sulla carta d’identità dell’uruguagio, è ormai marchiato indelebilmente e lui, corrida dopo corrida, non fa che convincere i suoi battezzatori di aver scelto bene.
Cavani arriva tra noi umili il giorno di San Valentino del 1987, nella terra del sole e delle strisce nonostante il padre di suo padre fosse di Maranello. Quando, col volto bambinesco dei suoi vent’anni, raggiunge Palermo, la casacca rosanero gli sta forse un po’ larga ma indubbiamente non pesa troppo, per lui.
Delio Rossi ha sempre parole graziose da indirizzare al suo talento e preferisce schierarlo come punta allargata, per raccogliere i frutti delle sue qualità a beneficio dei compagni. In tre stagioni mette la sfera nel sacco 34 volte, bottino degno di un giocatore importante, magari decisivo, non ancora di un campione.
È quello il momento in cui due caratteri non esattamente pacati si incrociano, nel destino che orbita sopra la testa di Edi: il primo è quello di Zamparini, il numero uno del Palermo che capisce di poter fare una grossa casa con la sua cessione; il secondo alberga in De Laurentiis, patron del Napoli che confida nella possibilità che Cavani faccia grande il Napoli.

Cavani si muove per il campo con la sicurezza maleducata e antica di chi conosce le leggi del mondo senza che gliele abbiano dovute svelare. Ed è un visionario dal fascino ineffabile ma irresistibile; proprio come il torero, nelle battute conclusive della sua battaglia con il toro, sventola la muleta solo qualche istante prima di affondare l’estoque sopra la spalla, fino al cuore della bestia, che è il cuore stesso degli aficionados sugli spalti: del primo vuole la morte, del secondo l’amore. El Matador sceglie spesso l’istante supremo, e non a caso, per strappare l’urlo ai suoi amanti: compare facendo fluire la chioma e, quando tutti sanno ormai che la vittoria è fuori tempo, la afferra per la veste e la ghermisce ancora un istante, solo uno in più, abbastanza per spezzare le regole già scritte e regalarla ai suoi. I suoi gol all’ultimo istante, come contro il Lecce o come l’ultimo nella tripletta alla Lazio, si palesano come la stoccata del torero, il movimento che cristallizza l’istante e sospende il respiro, rapisce i sentimenti – come fa il divino.
25 volte in questo campionato (32 in stagione) l’Uccisore uruguagio ha sfoderato la sua spada e, sempre, ha smosso i cuori di Napoli in un sussulto unisono. L’emozione è sempre crescente, però, se è vero che i trionfi di Cavani stanno trascinando il club che fu grande con Maradona a gravitare nuovamente intorno allo scudetto. Si el tiempo lo permite y con permiso de la Autoridad.
Secondo me è una pippa.
RispondiEliminaSecondo me è un figo.
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