È andata. Nel senso di girone, quello che s’è chiuso. Da ora fino a maggio, niente più inediti, ogni incontro sarà una ripetizione, solo ogni volta in un teatro diverso. L’ultima serie di gare del primo tour è stata una mezza follia, tanti sacchi gonfiati e parecchio sfilacciate le maglie delle reti difensive. La classifica ribadisce il verdetto (inutilmente pomposo e ciarliero il giusto) già espresso dalla befana: Milan campione d’inverno, le altre arrancano un po’.
Salvo l’Inter che, spalmato sulle ferite autunnali l’ottimo unguento Mondiale per Club, si presenta con le piume lucide e il petto gonfio, agli ordini dandy del poliglotta Leo: i nerazzurri, svegliandosi a Catania da un primo tempo soporifero, ne fanno due con Cambiasso e, mentre ribaltano un preoccupante svantaggio, ricevono confortanti notizie dai cugini in vetta e si riscoprono matematici. Pallottoliere alla mano, le somme ci dicono che gli undici punti di distacco dal Milan, uniti alle due gare da recuperare, potrebbero significare un distacco reale di 5 lunghezze. Altro che campionato chiuso.
Altre pretendenti al trono escono frastornate dalla giornata: la Roma prima domina la Sampdoria a Genova, rischia di raddoppiare il vantaggio di Vucinic, poi pasticcia inspiegabilmente e si trova al triplice fischio in dieci uomini e senza punti tra le dita. Vincono i locali, grazie al rigore di Pozzi e a Guberti. Questo accadeva all’ora di pranzo; poche ore dopo i dirimpettai romani in maglia biancazzurra non facevano una figura migliore e, nel teatro dove vola Olimpia, si facevano dare due sberle dal Lecce penultimo. Ecco perché ora leggiamo Lazio a meno 6 dalla cima così a lungo presidiata.
La prima della classe aveva poco da fare la spavalda, con l’Udinese sbarcata al Meazza. Invece c’erano in campo contemporaneamente Seedorf (inqualificabile), Robinho, Pato e Ibra. A fronte di cotanta nomea, Sanchez e Di Natale facevano impazzire Bonera, Abate e Antonini. A metà del secondo tempo i bianconeri erano avanti 3-1 (due doni natalizi postumi di un Milan naufragante) e la partita diventava una tonnara difficilmente definibile “calcio”. Nel quarto d’ora finale i rossoneri inserivano Cassano a dispensare assist misteriosi quanto geniali e prima pareggiavano dando l’illusione di un trionfo, poi finivano sotto di nuovo e, all’ultimo respiro, scrivevano 4 a 4 grazie a Ibra e si scoprivano contenti di non aver perso.
Mentre tra Cesena e Genoa si consumava lo stesso spettacolo che offrivano Chievo e Palermo, trattasi di doppio zero a zero e miseria per chiunque creda ancora nello spettacolo pedatorio, l’altro thriller di giornata andava in scena a Firenze: il Brescia, ormai con l’acqua alla gola, terminava il primo tempo avanti di due (meraviglioso il secondo gol, punizione di Cordova da cavare il fiato). Come troppo spesso accade alle Rondinelle, si dimenticavano che di blocchi da quarantacinque minuti, di solito, se ne giocano due: la Fiorentina faceva uno, due e pure tre, l’assassino porta il nome di Ljajic che firmava il delitto con il piede destro. Col Cagliari vincente a Parma (1-2) e il Bologna corsaro a Bari (0-2), calavano le ombre e si accendevano i riflettori del San Paolo.
Si dovrebbe aver da dire molto, su Napoli-Juventus, ma francamente i bianconeri sono risultati imbarazzanti e crediamo di far loro un favore a citare soltanto il Matador che li ha stesi con una tripla incornata: Edinson Cavani, 3-0 per il Napoli e tempo scaduto per noi, ma forse anche per la Signora.
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