Eravamo lì, sospesi tra la mestizia e il sollievo del daffare epifanico, rimbalzando tra spegnimenti di luminarie e abbattimento di alberi in plastica e palle (ormai rotte). Le feste stavano finendo e la Serie A non perdeva l’occasione di farci pesare (o ringraziare) il ritorno della quotidiana norma. Tutti in campo, tutti uguali a prima che si aprissero le finestrelle al cioccolato sui nostri calendari. Non proprio tutti, però. Raffaele Benitez dall’Iberia era già a casa da alcuni giorni, Leonardo il cittadino del mondo aveva attraversato il Naviglio Grande e, tanti saluti al Diavolo, era il nuovo inquilino della panchina nerazzurra.
Tuttavia, ad accompagnare l’ultimo brindisi e lo stravolgimento delle calze ad alto contenuto di zuccheri, erano i giovanotti di Delneri: a Torino venivano quelli del duca di Parma e si consumavano dei drammi per la Signora. Prima Quagliarella salutava il suo ginocchio, poi Melo poneva piede scarpa e tacchetti sul volto di Paci e veniva invitato dalla giacchetta a guadagnare gli spogliatoi. Infine, doppietta di Giovinco, rigore di Crespo e pure Palladino; fate 1-4 e carbone anziché punti dalla befana bianconera.
Nel pomeriggio il Milan andava a Cagliari con assenze importanti e pareva proprio non saper uscirne con un bottino degno della capolista. Contemporaneamente, la Roma ospitava i catanesi e faticava a sua volta non poco. I rossoneri facevano e disfacevano, sarebbero pure andati sotto se un palo misterioso non avesse graziato Abbiati, ed orfani di Ibra assistevano agli errori di Pato e Robinho. Ancor più rimpianti li faceva sorgere la doppietta dell’ex Borriello, ormai giallorosso, che rimontava sul 2-2 il Catania. Il mondo attraversava lo stesso giro d’orologio quando Vucinic, all’Olimpico, e Strasser, fanciullesco centrocampista di Allegri, azzeccavano il vantaggio decisivo per i rispettivi tre punti. A proposito di nuovi arrivati, l’assist per la vittoria rossonera è di un certo Antonio Cassano.
L’altra aspirante scudettara era la Lazio, sono certo che ve lo ricordaste. Ad averlo dimenticato erano quelli di Reja, però, e novanta minuti a rincorrere i grifoni di Genova non bastavano a rinfrescare la memoria. Zero a zero e vetta della classifica che si alza ancora un po’. Intanto il Palermo legittimava le sue ambizioni di blasone e schiantava senza appello gli altri genovesi, quelli in blucerchiato. A questo punto, i rosanero toccano quota 30 e mettono la freccia alle spalle della Juve. Bologna e Fiorentina si dividono un 1-1 non memorabile e rimangono entrambe impantanate nella parte bassa della tabella. Il derby tra le pugliesi è anche incontro dei due fanalini di coda: passa il Bari, è il nuovo arrivato Okaka (prestito dalla Roma) a inventarsi uno squarcio di talento nella trama di un pareggio già scritto: fa uno a zero da fuori area e la Ventura band crede nella rimonta salvezza. Scontro salvezza anche tra Cesena e Brescia, in terra lombarda ma con successo romagnolo: 1-2 e notevole tuffo dei bianconeri fuori dalla disperazione. Prima del posticipo, solo il 2-0 dell’Udinese sul Chievo, l’irriducibile Totò Di Natale è sempre in cima alla capocannonieri.
Ma dicevamo di Leo. In mezzo ai proclami guerreschi di General Mazzarri, l’avventura sulla panca di San Siro che era sempre stata rivale cominciava per il brasiliano contro il Napoli secondo in classifica. Nei novanta minuti si avverte una nuova tensione tra le maglie nerazzurre, differenza di potenziale che, unita alla grande prova con due reti di Thiago Motta, affondava gli asinelli azzurri. Considerate le due gare da recuperare causa gita araba, l’Inter si ascrive certamente alle pretendenti, e l’opera di Leonardo si vede già (scusate se è poco) negli abbracci commossi che gli tributano i suoi nuovi ragazzi, già conquistati dal suo ciuffo.
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