Al Teatro Nazionale Spagnolo della Liga, durante ogni stagione, viene un momento in cui il ritmo delle danze si alza, i balletti si fanno più impegnativi e a deciderli sono quasi sempre gli stessi due protagonisti, gli unici che possono reggere: il Corpo di Ballo Camisetas Blancas di Madrid e la Scuola di Danza Las Ramblas di Barcellona. Le due compagnie hanno i loro insegnanti e direttori: José Mourinho propugna un ballo arrogante e manifesto, per quelli di Madrid; Pep Guardiola, da Barcellona, vuole ricami e incanto per gli occhi. Le loro étoiles rispecchiano clamorosamente i rispettivi stili: a Madrid brilla la stella di Ronaldo, portoghese come il suo direttore, e pure lui un trionfo di presunzione e superiorità (10 le perle scagliate nella rete finora, una per ogni recita); per gli altri c’è Leo Messi, che si muove sul palco d’erba come un folletto silenzioso, lascia parlare il mistero delle sue invenzioni e zittisce pure tutti noi, quando le vediamo (8 i suoi gol in questo torneo). Questo weekend a Madrid c’era un appuntamento per buongustai, al pubblico del Bernabeu toccava il derby con i materassai dell’Atletico. Ma il Real rendeva tutto meno interessante facendo due a zero dopo un quarto d’ora, e tanti cari saluti. Non molto lontano da lì, a Getafe, il Barça navigava in classe extra-lusso con tre motori: Messi – guarda un po’ –, Villa e Pedrito. Solo le briciole restano, come al solito, alle altre scuole. A Villarreal c’è un ballerino italiano finanche nel nome e cognome, Giuseppe Rossi (7 reti), che trascina i compagni in calzamaglia gialla; schiantando l’Athletic di Bilbao (4-1), il “sottomarino giallo” resiste a 23 punti, solo tre in meno dei monarchici in bianco. Dietro, si sta facendo il vuoto. Comunque bene, per i loro standard, Espanyol e Real Sociedad; inguaiate, in fondo, le classifiche di Deportivo (che vincendo ha preso ossigeno) e Real Zaragoza.
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