Siamo solo all’inizio di febbraio ma certi freddi bilanci vien fatto già di tirarli: l’inverno della piana norditalica non finirà prima del solito come speravamo; tira e molla un governo che governi, al Paese, non si riesce a darglielo; McDonald’s ha già lanciato il panino della nuova stagione; e il Milan non aveva già vinto lo scudetto, anzi, a ben vedere in via Turati farebbero bene a sigillare le finestre perché, se va avanti così, il sorpasso dell’Inter smuoverà un bel po’ d’aria che rischierà di scombinare le carte sul tavolo del Siòr Galliani.
In una settimana ne succedono di cose! Un attimo prima stavamo lì a vedere Allegri che, con tre punti a Catania e l’Inter sotto 2-0, contemplava compiaciuto il pallottoliere ormai rossonero. Non immaginava ancora che quello sarebbe diventato il Pazzo-day ma, soprattutto, che avrebbe sgonfiato le gomme ai suoi. Passando per il doppio palo di Ibra contro la Lazio e la vittoria – senza espulsione di Chivu – dell’Inter a Bari, quando Pato, a metà del primo tempo genoano, infilava facile facile l’uno a zero (stordente capacità di Ibra, col suo assist, di far sembrare facile ciò che è geniale) gli spiriti rossoneri si alleggerivano un poco. Solo per ricadere ancora più rumorosamente quando una carambola al limite dell’incredibile mandava in porta il neo-grifone Floro Flores. Quel che però inchioda i rossoneri davanti a qualunque corte pallonara, evidenziandone anche le inadeguatezze al compito di cucirsi lo scudo sul petto, è il secondo tempo del Marassi: quarantacinque minuti e spiccioli di inutilità più pedante che pedatoria. In soldoni: così i campionati non li vinci.
Togliamo il non che sta un po’ tra i piedi, invece, se guardiamo ai fatti di San Siro, mentre le luci si spengono al termine di una sfida da qualche anno sempre suggestiva: L’Inter ha resistito alle sbandate impostegli dalla brillantezza giallorossa, i suoi supereroi – nelle calzamaglie di Eto’o, Sneijder e Julio Cesar – sono tornati a regime e decidono quando e come stravolgere le partite e il rischio di subire non spaventa più i nerazzurri, semmai li carica. L’impressione, pur con delle evidenti ombre difficilmente indipendenti dai meriti romani, è che i Leonardiani fossero in grado di fare un po’ quel che gli pareva, dell’esito del match, perfino quando concedevano due gol ai dieci rivali residui, illudendoli con l’idea di rimonta.
Mi si perdonerà se le vicende della vetta monopolizzano più attenzioni, del resto altrimenti non potrebbe essere proprio ora che sembra avvicinarsi la resa dei conti al primo posto. Appuntamento al quale il Napoli non ha alcuna intenzione di mancare. Preso per mano da un omino che la mette in porta con una qual certa regolarità, l’asinello azzurro trotta felice a soli tre punti dal Milan; quell’omino si chiama Edinson Cavani, di professione fa il matador e a far piovere rose e passione su di lui è ancora una volta l’arena del San Paolo, mentre lui affossa elegantemente ma senza pietà il Cesena. Così, a mettere un dito ma del piede tra le vicende milanesi c’è anche Mazzarri con la sua banda di scugnizzi.
Le altre: la squadra più in forma della Serie A, di casa al Friuli, strapazza la tramortita Samp (2-0). La Juve completa il tour delle isole riportando almeno tre punti, l’ex Matri non si accontenta di salutare i vecchi compagni, lascia pure due castagne per ricordo. Tra le disperate, il Brescia uccide il Bari. Appena più su, il Bologna dice no al Catania, pari tra Parma e Fiorentina, Palermo di rabbia a Lecce (2-4). La Lazio non vola più (1-1 ospitando il Chievo) e la escludiamo dalla lotta di lassù.
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