martedì 22 febbraio 2011

mandati dagli dei. del calcio


Fratelli e sorelle, e così sia. Vi porto la novella, perché io ho visto. Ho visto un uomo di 25 anni portare i suoi primi palloni tra le difese italiane lasciandole come bambole e con il portamento e la superiorità animale di chi non ha fatto altro da quando è in fasce. Era O profeta, era il Vangelo Secondo Hernanes. Preghiamo. Ho visto un fanciullo nel volto, un angelo nell’eleganza, un lampo di luce con la palla sulla testa e poi incollata al piede mentre fa una giravolta e quella non cade se lui non vuole e, quando vuole lui, per tutti gli altri è tardi e si può solo starlo a guardare in silenzio accompagnarla in porta. Era il Pastore, era Javier El Flaco. Amen.

Fratelli e sorelle che credete nel Verbo della sfera presa a calci, è un miracolo. Quando il campionato della nostra terra, dopo decenni di vacche grasse profetizzate e avverate dai più grandi evangelisti della storia del fútbol, sembrava doversi rassegnare a desolazione e carestia. Fu allora che, non perché Zlatan o Robinho si erano concessi alla malinconica e presuntuosa causa rossonera, ma per l’intercessione insospettabile di Lazio e Palermo, arrivarono i portatori della Parola. Il Profeta e il Pastore sono aria fresca, sono talento al potere non perché il potere ce lo impone, ma perché il talento se lo prende. Lo conquista a botte di dribbling misteriosi, di delicate carezze ma taglienti. E i due ci regalano la parabola, per noi sognatori irresistibile, di un giocatore solo capace di scardinare il destino previsto e prevedibile per traghettare il proprio undici alla terra promessa.

Addirittura in testa alla classifica, come sta facendo O Profeta. Dall’etimo greco, il profeta è colui che parla in anticipo, che possiede la parola prima degli altri, per portarla loro. Con lui che insegna da lassù in cima, adesso, garantito che tutti staremo ad ascoltare. Il Pastore, come il dio cristiano con le anime degli uomini – e come i ministri di culto nelle religioni protestanti –, non è solo chi offre i suoi tranquilli e fecondi pascoli, ma è soprattutto chi recupera le pecorelle smarrite. Proprio come Javier con il Palermo di ieri, squadra smarrita, sotto due a zero e senza idee contro il Lecce, ma ritrovata dalle ispirazioni del suo Motore tutt’altro che Immobile. Questi due, signori, hanno nei piedi il fuoco sacro di chi può scrivere pagine del Libro del Calcio ogni volta che una qualunque sfera transiti nei loro pressi. Perché sono fatti della materia organica attorno a cui il Gioco gravita naturalmente, e nel modo più spettacolare e creativo e ineffabile.

Non mi importa se Hernanes sia «l’erede di Kakà», se Pastore venga avanti con la palla come faceva Zidane, queste suggestioni non mi suggestionano e le lascio a chi le apprezza. Per me, quando questi fanno l’amore con il gioco, preferisco sgranare gli occhi e stupire, non rovinare l’incanto con le parole.

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