Questo lungo weekend, passato a rincorrere una palla inzaccherata tra i radi e congelati fili d’erba, scava una vistosa impronta nel fango, un lascito che ci permette di trarre alcune considerazioni sulla classifica di Serie A, in chiave scudetto. Lo facciamo anche approfittando dell’ultima giornata in cui i campioni in carica dell’Inter avranno giocato lo stesso numero di partite delle rivali: i Benitez-Boys sono in partenza per Dubai che, oltre ad essere un discreto paradiso dorato – specie se confrontato con la Milano d’inverno –, ospiterà il Mondiale per Club; salteranno un incontro che non sarà recuperato prima della fine di gennaio.
Per la verità, qualcuno deve aver spiegato male la sistemazione del calendario ai nerazzurri che venerdì sera erano ospiti della Lazio ma non per una cordiale cena di buon auspicio: il marziale volo di Olimpia avrebbe dovuto metterli sull’attenti, invece Sneijder e soci non si svegliavano nemmeno quando presi a schiaffoni da Maurito Zarate – mezza follia, peraltro, farlo marcare dall’esordiente Felice Natalino, onomastica conferma che Benitez aveva capito si venisse a Roma per scambiarsi gli auguri. 3-1 e primato per gli aquilotti ormai cresciuti: le loro ambizioni sono da titolo e, soprattutto se Lotito a gennaio sospenderà le versioni di latino per scendere al mercato, credo lo dimostreranno fino a primavera inoltrata.
Il Milan, agganciato in quota elevata, entrava col muso cattivo nel salone da ballo di San Siro, dove il Brescia candidato alla B si era presentato con quel po’ di anticipo tipicamente reverenziale. Rientrato Pirlo – ex di lusso della gara – Allegri ha dimostrato che la squadra adesso è davvero ai suoi ordini e, accanto all’immalinconito Dinho, s’è accomodato pure Seedorf. Dentro Boateng, una montagna di muscoli che ci mette tre minuti a segnare, su regalo di un altro non piccolissimo, Ibrahimovic. Il secondo scambio di doni lo inaugura la difesa del Brescia, Robinho in cambio offre il 2-0. A Ibra i regali non servono, prende la biglia e la scaraventa dentro con un’autorità imbarazzante (e dolorosa per la porta). 3-0 in mezz’ora, di nuovo più 3 sulla Lazio, ma soprattutto dieci alti gradini da Inter e Roma (con l’intrusione della Samp che vince sul Bari). La macchina gira e gira senza intoppi, del resto i punti che i rossoneri faranno da qui alla riapertura primaverile della Champions League saranno tremendamente decisivi. A confermarlo sono il risultato di domenica sera e la classifica che ne scaturisce: la Juventus passa di forza a Catania e si mantiene in linea di galleggiamento a meno 6.
I bianconeri si sono sbarazzati, senza troppa dignità ma anche senza patemi reali, dell’impegno di Europa League che era diventato una zanzara molesta. Adesso la Signora ha il vantaggio che dall’inizio hanno i laziali, giocheranno soltanto le partite di campionato e godranno della fatica e dello stress che il palcoscenico europeo farà pagare alle altre. Siamo quasi certi che la Juventus non fallirà almeno le prime tre posizioni ma, se proprio occorre puntare un euro sullo champagne di maggio, io non mi stupirei di sentire saltare sugheri dalle parti di Torino.
La Roma, al contrario, appare francamente troppo discontinua per riuscire a ricucire completamente lo strappo di inizio stagione, opinione non figlia, peraltro, dell’esperienza di Verona col Chievo. Su un terreno che non ha nulla a che fare col pallone, a Roma si torna non soltanto con un punto ma anche con un bel cesto di patate novelle. La bellezza di tutti questi verdetti – bellezza per me, s’intende, che posso già mettere le mani avanti e smarcarmi – è la loro totale e quasi certa potenzialità di essere completamente smentiti, del resto i campionati si festeggiano col sole caldo e, potrei sbagliarmi, ma la mia finestra mi suggerisce che è presto.
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