Questa domenica, o affezionati, il mio dispaccio vi giunge mentre sono al volante: guidando sotto l’acqua fino a tarda notte riuscirò a rientrare alla patria dimora, dopo due giornate oltre i confini, e la romantica traversata ha i rintocchi sincopati del segnale radio, che se ne va e poi ritorna, e mi dondola tra le scelte di Tutto il Calcio Minuto per Minuto.
Il tredicesimo spettacolo, nel cartellone di A, tornava su questioni lasciate in sospeso sette giorni prima: Benitez, dopo il derby, c’è o ha completamente rotto? Lazio e Napoli sono da Champions? E, soprattutto, il Milan è “vero” o è destinato a sgonfiarsi? Ma già da sabato, la vicenda andava illuminandosi: la Roma doveva confermare se stessa e svolgeva il compito a casa aprendo con un lampo tortuoso di puro talento, a firma Menez, e chiudendo con una prova di forza di Borriello. A corollario, tanta solidità, ma anche un gol negato nel finale, per motivi oscuri, ai friulani.
La sera, ben più nobili conferme si andava cercando: S. Siro era tutta per la capolista. A sfidare la banda Allegri – che aveva appena svaligiato l’Inter National Reserve – era la Fiorentina di Sinisa Mihajlovic. I tre mediani facevano ancora la fortuna del Milan, ma mai quanto Abbiati – almeno due interventi da sudore freddo e, per i viola, da unghie masticate – e Ibrahimovic. Il mago svedese, respirando l’aria rarefatta dei suoi quasi due metri, controllava la biglia e si contorceva attorno ad essa in modo misterioso, rovesciandola in porta proprio un sospiro prima dell’intervallo. Vista fare da lui, sembra una cosuccia, ma vale tre punti. Ed eccomi in auto, ascoltare che a Genova in casacca bianconera è tornato Milos Krasic e, guarda un po’ le coincidenze, quelli di Delneri sanno di nuovo come si fanno tre punti: dopo il comico autogol del portinaio Eduardo, il serbo si impadroniva della fascia destra a mille all’ora e ne usciva il raddoppio. Per il Genoa c’è solo l’infedeltà delle traverse casalinghe, che si oppongono due volte ai missili grifoniani.
Intanto, a Lecce, c’è la Samp. E ci si diverte. Pronti, via, Pazzini fa uno. Poi, di rigore, sempre il Pazzo. Ma il Lecce ha Di Michele, grandioso controllo e non è finita. Il 2-2, infatti, lo fa Diamoutene con una gran testata. Purtroppo per i giallorossi, Pazzini ha scelto la sua giornata e ne fa un altro, tre punti ai genovesi. Tra Cesena e Palermo, c’è il ritorno di Miccoli. È lui il condottiero della vittoria rosanero, aperta dal vantaggio di Ilicic, contestata dal pareggio di Bogdani e decisa dal gioiello del Romario del Salento, 2-1. Il Brescia, ormai, fa sempre così: avanti, e poi si fa rimontare. Nel primo tempo il rigore di Caracciolo, ma il Cagliari ha Matri, che timbra il cartellino ancora. Daniele Conti, da casa sua, chiude la rimonta e così la panchina di Iachini traballa paurosamente.
Il Catania si conferma squadra da mezza classifica e affossa ancor più l’ultima della classe, il Bari. È il difensore Terlizzi, al secondo gol consecutivo, a decidere per i siciliani. La seconda in classifica molla il Milan: i laziali, senza il volo di Olimpia, si perdono a Parma. I ducali, avanti con la testa di Crespo, sono ripresi da Floccari all’ultimo istante del primo tempo. Poi, soprattutto rimpianti per gli uomini di Reja che potevano vincerla. A Verona, notizia ufficiale: l’Inter adesso non c’è, ha perso la testa – quella che Eto’o ha pensato di stampare sul petto di Cesar, rischiando squalifiche – e i gol di Pellissier e Moscardelli la condannano a meno 9 dai cugini lassù. Impresa Chievo e brutta gatta per Benitez.
Cala la notte e la pioggia del S. Paolo è una sferza incessante, ma a fare acqua è la difesa del Bologna, arrivata all’impegno così morbida da dare l’impressione di impegnarsi a concedere reti ai napoletani. El Pocho Lavezzi corre per tre e segnano Maggio, Hamsik (2) e Cavani. Il Napoli è terzo e studia da Champions. Ecco che la radio torna a gracchiare musica discutibile, io vi saluto e mi concentro sulla strada, aspirando a un latte caldo e a un letto.
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