Da allora LeBron Raymone James ha trasvolato da Cleveland a Miami, quella stessa 23 è stata data alle fiamme in piazza dai tifosi traditi, il Prescelto ha vestito la canotta degli Heat e, in quel preciso istante, l’inchiostro è piovuto sulle testate di ogni giornale gridando che, entrato a formare i Big Three (Wade, Bosh e il Nostro), LBJ non poteva non mettersi il primo anello al dito, dopo sette anni. Avrete già capito, sagaci, che la Storia non può che avere un inciampo. E con tanto di nome e cognome, e pure nazionalità: Dirk Nowitzki, from Germany. Ora, agli americani non sono mai andati a genio i tedeschi, ma questo spilungone qui, laggiù nel profondo Texas, lo adorano.Nella città che conosciamo per JR, c’è una squadra che la palla a spicchi sa come trattarla anzichenò e che si fa condurre dal biondo teutonico. Costui è bianco e non nero, le sue pallide braccia non appaiono come la montagna di muscoli tatuata che è LeBron, il mondo intero non si inchina a lui come al Messia James, eppure. Quel trofeo dorato per cui questi mostri strapagati schiantano canestri e articolazioni per tutta la vita, l’ha alzato Dirk. A forza di canestri, infilati da qualunque angolo del parquet, saltando con quella gamba destra che avverte chiunque di stare alle larghe e le braccia geometricamente posate. Un concetto, questo, estraneo a Miami, così il basket non poteva accasarsi lì.
Per LeBron ci sarà ancora tempo, dopo tutto Air 23 vinse la prima volta a 28 anni. Per Dirk c’è la gloria, l’anello del Nibelungo, Dallas ai piedi.
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