martedì 22 febbraio 2011

ma la notte... altro che serie a


Forse perché nessuno voleva perdersi la mezz’ora di canzoni, nemmeno fossero al caminetto di casa loro, a firma Morandi e Ranieri. Forse per godersi lo spettacolo di Blake Griffin che, oltreoceano, per essere precisi nella città degli angeli, fluttuava sopra il cofano di un’auto, mentre un altro folle gli alzava una palla a spicchi dal tettuccio della stessa, e andava a canestro per vincere la gara delle schiacciate NBA (il tutto mentre un coro gospel sul parquet salmodiava “I believe I can fly”). Forse semplicemente perché il calcio italico ha il suo bell’agio a dimostrarsi meno che catatonico. Fatto sta che le emozioni meno soporifere del weekend le hanno offerte più i casi velenosi e spinosetti che il pallone in sé.
Intanto la Roma. Sòr Ranieri (ma non il cantante, stavolta) ha lasciato il trono dell’impero giallorosso. Motivo? Destituito a colpi di sconfitte indecenti dai suoi stessi pretoriani. Ieri era già il secondo tempo quando il principe Totti faceva 3 a niente contro il Genoa. Non s’è ancora capito come ma, tempo di un battito di ciglia, e il duo Pal (Palacio-Paloschi) le aveva cantate a Mexes e Burdisso. Quattro volte (due a testa). Ce n’era abbastanza per salutare tutti e svignarsela dalla porta di servizio, come ha fatto Claudio.

Altro affaire poco simpatico, intanto, inscenava a Verona. La capolista era andata in vantaggio, ma solo l’uomo in giacchetta Banti non s’era accorto che Robinho, nell’occasione, aveva usato il braccio per sistemarsi la biglia. O forse, anche lui abbacinato dalla nottata sanremo-losangelina, aveva dimenticato che non si può fare così. Non che la cosa bastasse al Milan per fare tre punti. Occorreva un Pato geniale quanto furioso – terza panca di fila, ce n’è per prendersela – per chiudere 2-1 (pari temporaneo con capocciata di Fernandes).

Non che l’inseguimento dell’Inter, fattosi più incipiente con il successo sul Cagliari, maturasse senza polemiche: Ranocchia toccava per ultimo la palla che, varcando la linea, valeva tre punti. Il fatto si è che lo faceva in offside, su un’azione da gioco fermo partita all’altezza dell’area (insomma, in sedici metri di campo, un fuorigioco più che ravvisabile). La solidità nerazzurra arriva comunque al suo scopo e bussa alla porta rossonera con sempre maggior insistenza.

Esattamente come fa il Napoli. Nel posticipo, privati di Lavezzi e traditi dal dischetto dal Matador, i Mazzarriani abbattevano la pietra angolare catanese grazie a Zuniga e costringevano i primi della classe a metter mano al pallottoliere: la prossima volta è Milan-Napoli e i punti di distacco sono solo 3. Fate voi le vostre valutazioni.

Intanto, con un capolavoro del Profeta Hernanes la Lazio restava in linea di galleggiamento ma, soprattutto, la Juventus veniva presa a schiaffi al Via del Mare di Lecce: prima l’espulsione di Buffon che giocava a volley fuori dall’area, poi le 2 reti leccesi, francamente ineccepibili (e ce ne potevano essere molte altre). Le parole deluse e abbacchiate di Delneri, nel dopopartita, sono il verdetto più chiaro sulle condizioni della Signora.

E ora, se ci scusate, torniamo a dormire. Io e la Serie A.

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