martedì 22 febbraio 2011

il calcio, signori


Partiamo dalla fine. La faccia di Chiellini nell’intervista post Lech-Poznan – Juventus dice davvero l’indicibile. Ha ancora negli occhi lo spettro di qualcosa di incredibile, di impossibile. C’era una storia già scritta – e già quella non era così onorevole al cospetto della Storia della Signora, ma almeno valeva tre punti. Poi una linea impazzita ha spezzato il loop. Spiazzato giocatori, panchine, dirigenti, spettatori e televisioni. Rivedere il sinistro di Rudnevs per il 3-3 finale dà l’idea di un video che viaggi a 2x. Pareggio del Lech. Al novantaduesimo. Un sinistro spericolato, disperato. Sul campo si stava come se, lanciando una moneta, la Juventus potesse vincere sia che uscisse testa, sia che fosse croce. Ma la moneta atterra sul ciglio tra le due facce e resta lì, che probabilità c’erano? Il calcio, signori. È tutto qui.

La Juventus rischia di uscirne con le ossa rotte, non che già prima non avesse ematomi belli evidenti. Ma ribaltare una partita da due a zero sotto è sempre una tisana bella calda, anche se hai davanti dei paria del fòbal; finire così, rimontati di nuovo, invece... la faccia di Chiellini, ecco. La notte precedente c’era davvero chi sperava che la musichetta della Champions mettesse le ali alla compagine imbolsita presa a sberle quattro giorni prima dal Cesena. Non è accaduto. Hanno un bel daffare i giornali a rincorrersi salmodiando “Ibracadabra-Ibracadabra”. Il Milan è quello di Cesena. Almeno per ora. Una squadra che tenta di negare la forza della logica abbandonandosi nelle braccia di Dioniso. EZlatan, che può permettersi, dall’alto del suo enorme naso, di attaccar briga con Arrigo-allenavo-la-squadra-più-forte-di-sempre-Sacchi, è il perfetto profeta di tale follia. C’è molta poesia nel tentativo di far del calcio un gioco per esteti, tutti insieme appassionatamente. Ma la logica ha la forza di incorporare tutto ciò che, apparentemente, le sarebbe avverso, trasformandolo in una macchina efficiente e, appunto, logica.

La logica, che ci piaccia o meno, è vincente, traduco: puoi essere Mandrake, con la palla, ma se non corri – o se altri non corrono per te – non la vedi mai. Al Milan sembrano tutti dispiaciuti di constatare che è così. E continuano: “Ibracadabra, Pato, Dinho, Robinho”, sperando che il mantra si traduca in un incantesimo e fiocchino i gol, come premio divino alla loro maestà. Nel frattempo, quelli dell’Auxerre corrono tre volte tanto, colpiscono una traversa, sprecano uno scellerato contropiede tre contro zero. E solo per questo non stiamo a raccontare la replica di Cesena. Per questo e perché, data la pochezza dei francesi, Ibra il Folle riesce a scardinare per un paio di brevi istanti la logica, e per stavolta tanto basta. L’Inter non passa a Twente. Milito deve ritrovarsi, un po’ in crisi d’identità, si starà chiedendo: “Non è che il Milito dell’anno scorso è stato un caso e il resto della carriera, via pur sempre costellata di gol, esprimeva meglio la mia dimensione?”. Crisi, ritengo, foraggiata dallo scarso protagonismo del Mondiale. Ma tornerà, troppo più forte e più intelligente, in campo, di queste nuvole passeggere. Intanto c’è Eto’o, e scusate se è poco. Queste poche righe, e il weekend di campionato scorso, mi bastano per dire che da battere – almeno in Italia – c’è sempre e solo l’Inter e che l’operazione mediatica tesa ad affermare che il Diavolo sarebbe più vigoroso del Serpentone ha francamente stancato. Ma anche sortito effetti tra le folle rossonere, questo è certo.

Sono ovviamente disposto ad essere smentito e a negare di aver mai sostenuto quanto detto, qualora la prossima primavera fosse teatro di scene trionfali tra le schiere Gallian-berlusconiane. Se un’altra ed enorme linea di fuga dalla logica dovesse spezzare la storia che vedo già scritta, allora sarei stato un fanatico della potenza di fuoco rossonera fin dalla prima ora. Il calcio, signori. È tutto qui.

Nessun commento:

Posta un commento