martedì 22 febbraio 2011

fa più freddo in bassa quota

Non per parlare del tempo, ma avete sentito che freddo? Seduto nell’abitacolo desolatamente arido della mia automobile, ormai disperando nel rientro notturno dal posticipo domenicale, attendo che almeno uno spiraglio di strada filtri dallo strato surgelato del parabrezza. E le coltri color tè caldo di camera mia sembrano irraggiungibili, un po’ come accadrà al Bari, laggiù a 14 punti, tentando di scorgere il quarto posto. La coppia Lavezzi e Cavani è torrida, ma solleva le membra soltanto dei napoletani, nello 0-2 del San Nicola. Mentre l’aria secca del riscaldamento mi toglie un po’ il respiro, penso a Brescia e Cesena che, stese da Palermo e Milan, avranno pure loro il fiato corto. Poi Lecce, Catania, Genoa, Chievo, Parma, Fiorentina e Bologna ma, ormai, premo l’acceleratore e, pur senza schiodarmi dalla seconda, sto già conducendo verso casa, la strada snobbata da essere vivente alcuno. Poche centinaia di metri e le fattezze del paesaggio circostante mi salutano familiari attraverso i vetri, con la complicità dei grossi lampioni, la strada è ormai segnata come accade a chi sta lassù in classifica.

E il personalissimo film della serie A prende a proiettarsi dietro gli occhi, così passarlo attraverso le dita e farlo finire qui diventa un gioco: sabato stavo bevendo una birra dietro l’altra mentre, con la stessa disinvoltura, la Roma faceva un, due, tre al Cagliari (in rete anche Totti). Chi poteva immaginare che, meno di ventiquattr’ore dopo, il Bologna senza stipendi prendesse a schiaffi l’altra romana, che finiva per farsi superare dai dirimpettai giallorossi dopo aver fatto volare l’aquila Olimpia anche troppo in alto? Forse nervosa per questo, mentre Di Vaio ne faceva un paio di quelli notevoli (3-1 il finale), la Lazio innescava un paio di gazzarre da saloon, piccolo svago alternativo per lo spettatore annoiato. Quanto a noia, nulla da insegnare al Brescia che provava a lavorare il Palermo a forza di calci e sbadigli: meno dell’avviso Bovo che decideva un match strameritato calciando una punizione sul palo del portiere, momentaneamente assente dalla guardina. Il Parma accoglieva il tecnico argentino e neo-catanese Simeone con le reti di Candreva e Giovinco, grazie e auguri per la prossima volta.

Detto del Napoli, solitaria seconda, e tralasciando volontariamente ogni commento su Chievo e Genoa (0-0) in tributo alla decenza, mi cade il ricordo su Samp-Juve. Non tanto sul campo che, del resto, non ha ospitato novanta minuti tra quelli che si imprimono nella memoria, quanto sull’affermazione da zompare sulla sedia spesa da Delneri, al termine. A suo dire, la Juve è la miglior squadra del campionato. Ecco, si pulisca gli occhiali o smetta di guardare il Barcellona sull’iPhone mentre giocano i suoi. Passando rapido su un triste 1-1 tra Fiorentina e Lecce (ritorno al gol di Gilardino), finisco al pasto di mezzogiorno e rivedo Di Natale, Armero e El Niño Maravilla Sanchez far venire il mal di testa ai nerazzuri leonardiani. 3-1 al Friuli, prima sconfitta per il ciuffato poliglotta brasiliano e rimonta in vetta rimandata per i campioni del mondo.

Anche perché, nella serata siberiana di San Siro, la Allegri’s band domava il Cesena, pur con i suoi bravi affanni. Ancor prima di partire, salutava la compagnia Gattuso e lo sostituiva Yepes, mentre Thiago Silva andava a fare il Pirlo. Poi la spalla di Nesta faceva crack ed era la volta di Papastathopoulos. Ma Cassano, Robinho e Ibra sono un attacco per davvero e a darti il capogiro ci mettono un istante. Il barese inventa di nuovo un’assistenza dai contorni che escludono le parole, Binho fa i cento all’ora anche se non vede la porta e su Zlatan meglio non dire per non essere coinvolti nel suo dominio ai limiti della legalità. Non certo fatta di fuochi d’artificio la manovra dei rossoneri ma, alla lunga, riescono a far male ai romagnoli e a rimettere asfalto tra sé e gli inseguitori. Io, invece, la mia algida rincorsa verso casa l’ho completata, buonanotte.

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