giovedì 10 marzo 2011

fuori tre... mica malissimo

«Non sempre vince il migliore» dice. E in Europa non vince mai... com'è?
Scusi Maestro Adriano, posso andare col De Profundis, ora?

Facciamo a capirci: tutti sono già lì a dirmi che il Milan esce dalla Champions League a testa alta. Lo stesso Galliani di cui sopra ricorda – e non si capisce come possa essere un titolo di giustificazione – che negli ultimi dieci anni la Coppa orecchiona si è vista alzata due volte (sommando quella dell'Inter fa tre e vorrebbe raccontarci che il calcio italiano è ancora bello pimpante). Allegri mi informa che questa uscita dall'Europa gli dà carica (hariha) e fiducia per il campionato. Ibra e soci salmodiano che hanno dato il massimo ed è mancato solo il gol.

È evidente che c'è qualcosa che mi sfugge, però. Del resto, a mio (im)modestissimo modo di vedere, delle due, l'una: 
o uscire contro il Tottenham – 34 gol subiti in 28 gare di Premier ma, soprattutto, 11 reti subite in 6 match precedenti di Champions – senza metterne di là dalla linea nemmeno una in 180 minuti e spiccioli non è un sintomo per cui andarsene spericolatamente e presuntuosamente a testa alta, in ispecial maniera se ti fregi del blasone di cui sopra e ricami ogni maglia per ricordare i tuoi trofei, pur in via di impolveramento;
oppure stiamo ammettendo che la prima squadra attuale della Serie A vale appena o forse appena meno la quinta del massimo campionato inglese. E, in questo caso, stiamo sostenendo che giocare bene pur perdendo, fare "bella figura" ma uscirsene agli ottavi, "dare il massimo" eppure combinare quasi nulla, siano vicende sufficienti per caricarsi in vista del futuro prossimo e non un fallimento di obiettivo, giacché l'avversario era superiore.

E, last but not least, stiamo dimenticando – se sosteniamo la tesi dell'orgoglio – che "mancare solo il gol" non è un dettaglio appena appena più che rilevante, nel giochino della palla di cuoio tra i pali con la rete. L'adagio del "ci è mancato solo il gol" è derisione di se stessi di fronte all'assenza del motore primigenio del fòbal, di ciò cui tutto gira intorno e cui ciascun colpo di cesello o di mazza chiodata dovrebbe tendere naturalmente; è come dire, in risposta a chi ti chiede come stai: "ma sì, tutto alla grande, mi manca solo l'aria per respirare". 

Prima di Robinho non sapevamo cosa fosse davvero mangiarsi un gol
Ecco, Robinho respira pochino e maluccio. Così sovente il cuore gli manca un colpo e lui, il colpo, lo rifila alla palla con la perizia e la delicatezza con cui si ramazza una mosca con il giornale arrotolato. E la biglia si rifiuta – come darle torto – di obbedirgli e se ne va per linee direzionali autarchiche ma mai intersecate con lo specchio di porta.

E allora, facciamo a capirci: non è che, a cotali condizioni, ti puoi troppo appellare a non si sa bene quale divinità perché non ti metta un vetro sulla linea di porta avversaria... non sarà che tu, piuttosto anzichenò, i vetri non li sai buttare giù?

Della Roma – visto che motivi per sghignazzare amaramente ce ne ha dati parecchi, in un bel pacchetto con le occasioni per farlo spesso settimana dopo settimana – rimanderei il processo... o meglio, la lettura di una sentenza già in corso di attuazione. Quello che proprio non vedo come si possa fare a meno di fare, piuttosto, è ascoltare il suono dei passi di Vincenzino Montella e del suo sguardo schiaffeggiato davanti alla panchina a Donetsk: eh sì, è proprio una delicata marcetta funebre all'italiana...

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